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2011

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Riccione - RiQuadro

11 set.

23 ott.

2011

 
 
 

   
inaugurazione:

domenica 11 settembre 2011
alle ore 18,30

conferenza:

giovedì 6 ottobre 2011
Villa Mussolini alle ore 21,00
Nunzio Battaglia
Ciclostile

diverserighe
Laboratorio Creativo Up

Sede: villa Mussolini
viale Milano 31, Riccione
A cura di: Riquadro
Fotografie di:

Nunzio Battaglia, Silvio Canini,, Piero Delucca, Gianni Gori, Flavio Marchetti

Testi di:

Gigliola Foschi,
Associazione RiQuadro,
Matteo Agnoletto, Massimo Bottini, Maddalena D’alfonso

Progetti di:

Studio Land,
diverserighestudio, Ciclostile Architettura, Laboratorio Creativo Up

Con il contributo di:


Dima Design, Galleria Magenta52

 

 

 

 

 


Nunzio Battaglia Il sublime diffuso

Le immagini di Nunzio Battaglia ci guidano nell’entroterra di Riccione, in un viaggio tra campi coperti di grano, torrenti, laghetti ed orti urbani. Un viaggio guidato da uno sguardo che sa ancora meravigliarsi ed incantarsi davanti al paesaggio, che sa vedere diversamente ciò che ha di fronte perché non si limita a rispecchiare il presente ma coglie in esso nuove possibilità. Grazie alla capacità di coniugare visione e immaginazione, sentire e osservare, le sue opere sembrano cogliere l’essenza misteriosa della natura senza la pretesa di afferrarla: è come se trasformassero il paesaggio in una presenza sospesa tra apparizione e lontananza. Al regno dei vuoti panorami da cartolina, Battaglia oppone un mondo fatto di apparizioni, di piccoli incontri incantati, dove la macchina fotografica si trasforma in uno strumento poetico e visionario, che va oltre il mero desiderio di documentare. L’ autore non si limita infatti a descrivere ciò che ha di fronte: le sue immagini, ricche di colori dalle tonalità ammorbidite e quasi pittoriche, nascono da una relazione, da un istante quasi magico, in cui pare dissolversi l’opposizione tra vedere e immaginare, tra il vedente e il veduto. I soggetti delle sue immagini sono a volte parzialmente sfocati, a volte qua e là evanescenti, ma non per suggerire alcunché di volutamente onirico e neppure per un virtuosismo neopittorialista. Le sue non sono mai fotografie puramente soggettive, narcisisticamente introspettive: s’impegnano a narrare, come un delicato sismografo colorato, l’intensità di un incontro nato dalla capacità di sentire e amare la terra, le acque, i fiori e gli orti, curati da mani pazienti e operose. Un incontro sottolineato anche dal formato quasi sempre verticale delle sue immagini: quello tipico del ritratto (e non della veduta o del paesaggio), come a voler sottolineare un bisogno di vicinanza e, al contempo, indicare che le sue fotografie sono non descrizioni, bensì frammenti interstiziali ricchi di una sensuale e vellutata varietà di colori.

 

 

Il suo vedere, intriso d’immaginazione, è infatti proteso a ritrovare in una porzione di paesaggio una relazione visiva ed esperienziale, in grado di suscitare un’emozione, rivelare una sorta di vibrazione magica, un’apertura, un bagliore. Egli non nega le contraddizioni presenti nel paesaggio dell’entroterra di Riccione: non crea luci che non esistono grazie a complesse elaborazioni digitali, non cancella gli elementi “di disturbo” (come una gru che emerge in lontananza dietro un campo di grano) e neppure si rifiuta di riprendere soggetti poco accattivanti (un torrente inquinato o un tratto di strada asfaltata). Sa invece attendere quei fugaci momenti in cui la luce trasfigura la realtà, quegli attimi di grazia in cui tra la cose e lo sguardo si crea un cortocircuito che apre le immagini, come per incanto, a una dimensione nascosta ed evocativa, e proprio per questo più aperta, più lieve e intima. “ Amo trasformare le mie immagini in un regno del possibile che si protende dalla realtà” – mi aveva raccontato un giorno Mimmo Jodice, per spiegarmi il suo lavoro. Ebbene, anche nel caso di Nunzio Battaglia, ogni sua trasfigurazione visiva e coloristica nasce dal bisogno di andare oltre le apparenze opache della realtà, per rivivificarla, per restituirle una voce, uno spessore, un incanto che si nutre di rimandi e intrecci, come un denso palinsesto. Il suo è sempre un vedere “oltre” il già visto senza tradire la realtà ma, tutto all’opposto, per rivelarne nuove possibili declinazioni. Il paesaggio, dunque, non è per questo autore solo una somma di singoli elementi naturali o artificiali: è un soggetto, è un corpo unico dove ogni parte partecipa e dialoga con la vita dell’altra. Per questo la sua ricerca si nutre di sequenze legate fra loro, di connessioni e relazioni che paiono moltiplicarsi come in una sinfonia, dove le note s’inseguono e s’intrecciano creando una tonalità colorita e multiforme, volutamente priva di dissonanze o sonorità solenni.
Gigliola Foschi


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