Nunzio Battaglia
Il sublime diffuso
Le immagini di Nunzio Battaglia ci guidano
nell’entroterra di Riccione, in un viaggio tra campi coperti
di grano, torrenti, laghetti ed orti urbani. Un viaggio guidato
da uno sguardo che sa ancora meravigliarsi ed incantarsi davanti
al paesaggio, che sa vedere diversamente ciò che ha di fronte
perché non si limita a rispecchiare
il presente ma coglie in esso nuove possibilità. Grazie
alla capacità di coniugare visione e immaginazione, sentire
e osservare, le sue opere sembrano cogliere
l’essenza misteriosa della natura senza la pretesa di afferrarla: è come
se trasformassero il paesaggio in una presenza sospesa tra apparizione
e lontananza. Al
regno dei vuoti panorami da cartolina, Battaglia oppone un mondo
fatto di apparizioni, di piccoli incontri incantati, dove la macchina
fotografica si trasforma in uno
strumento poetico e visionario, che va oltre il mero desiderio
di documentare. L’ autore non si limita infatti a descrivere
ciò che ha di fronte: le sue immagini, ricche
di colori dalle tonalità ammorbidite e quasi pittoriche,
nascono da una relazione, da un istante quasi magico, in cui pare
dissolversi l’opposizione tra vedere
e immaginare, tra il vedente e il veduto. I soggetti delle sue
immagini sono a volte parzialmente sfocati, a volte qua e là evanescenti,
ma non per suggerire alcunché
di volutamente onirico e neppure per un virtuosismo neopittorialista.
Le sue non sono mai fotografie puramente soggettive, narcisisticamente
introspettive:
s’impegnano a narrare, come un delicato sismografo colorato,
l’intensità di un incontro nato dalla capacità di
sentire e amare la terra, le acque, i fiori e gli orti,
curati da mani pazienti e operose. Un incontro sottolineato anche
dal formato quasi sempre verticale delle sue immagini: quello tipico
del ritratto (e non della
veduta o del paesaggio), come a voler sottolineare un bisogno di
vicinanza e, al contempo, indicare che le sue fotografie sono non
descrizioni, bensì frammenti
interstiziali ricchi di una sensuale e vellutata varietà di
colori. |
|
Il suo vedere, intriso d’immaginazione, è infatti
proteso a ritrovare in una porzione di paesaggio una relazione
visiva ed esperienziale, in grado di suscitare un’emozione,
rivelare una sorta di vibrazione magica, un’apertura, un
bagliore. Egli
non nega le contraddizioni presenti nel paesaggio dell’entroterra
di Riccione: non crea luci che non esistono grazie a complesse
elaborazioni digitali, non cancella gli elementi “di disturbo” (come
una gru che emerge in lontananza dietro un campo di grano) e
neppure si rifiuta di riprendere soggetti poco accattivanti (un
torrente inquinato o un tratto di strada asfaltata). Sa invece
attendere quei fugaci momenti in cui la luce trasfigura la realtà,
quegli attimi di grazia in cui tra la cose e lo sguardo si crea
un cortocircuito che apre le immagini, come per incanto, a una
dimensione nascosta ed evocativa, e proprio per questo più aperta,
più lieve e intima. “ Amo trasformare le mie immagini
in un regno del possibile che si protende dalla realtà” – mi
aveva raccontato un giorno Mimmo Jodice, per spiegarmi il suo
lavoro. Ebbene, anche nel caso di Nunzio Battaglia, ogni sua
trasfigurazione visiva e coloristica nasce dal bisogno di andare
oltre le apparenze opache della realtà, per rivivificarla,
per restituirle una voce, uno spessore, un incanto che si nutre
di rimandi e intrecci, come un denso palinsesto. Il suo è sempre
un vedere “oltre” il già visto senza tradire
la realtà ma, tutto all’opposto, per rivelarne nuove
possibili declinazioni. Il paesaggio, dunque, non è per
questo autore solo una somma di singoli elementi naturali o artificiali: è un
soggetto, è un corpo unico dove ogni parte partecipa e
dialoga con la vita dell’altra. Per questo la sua ricerca
si nutre di sequenze legate fra loro, di connessioni e relazioni
che paiono moltiplicarsi come in una sinfonia, dove le note s’inseguono
e s’intrecciano creando una tonalità colorita e
multiforme, volutamente priva di dissonanze o sonorità solenni.
Gigliola Foschi |