Cultura, natura, fotografia:
alcuni paesaggi della sedimentazione.
Il paesaggio artificiale è il luogo dove la presenza delluomo
si fa scrittura operante, attraverso un sistematico lavoro
di antropizzazione dellambiente naturale.
Per effetto di tale trasformazione il paesaggio si offre così
allo sguardo come denso palinsesto, emblematico deposito di memorie
stratificate, inconsapevole archeologia di tracce, icasticamente
allusive alla forze assenti che lhanno progressivamente
conformato nel tempo. Il paesaggio, pertanto, si fa testo capace di
trasmettere, attraverso cancellature, correzioni ed integrazioni successive,
la storia del suo farsi perpetuo, che risulta ad un tempo individuale
nella sua irripetibilità di esecuzione e collettiva nella necessaria
condivisibilità di principi e regole adottate nel disegno del
suolo. La superficie della terra, nelle sue leggere increspature così
come nei suoi più energici scavi, si offre pertanto quale materiale
a cui attinge ogni attenta antropologia per ritrovare le ragioni dellevoluzione
di un linguaggio della trasformazione.
Rispetto a tale condizione, il paesaggio naturale, nella sua connotante
morfologia, ovvero nella sua evidenza superficiale, e nelle sua profonda
stratificazione verticale, egualmente rivelata da ricorrenti fenomeni
tettonici ed erosivi, si pone come simmetrica metafora di una serrata
dialettica tra la materia viva, ovvero il dato naturale di cui il
paesaggio vergine è costituito, e lazione, talvolta ciclica
e prolungata, talaltra improvvisa e drammatica nel suo manifestarsi,
dei grandi eventi atmosferici- venti, esondazioni, mareggiate, alluvioni,
terremoti etc.- che ne hanno definito irreversibilmente lapparenza.
La plasticità del paesaggio naturale, nelle porosità
più minute così come nelle sue più profonde incisioni,
si offre analogamente quale materiale prezioso a cui si rivolge la
geologia per riscoprire il linguaggio dellevoluzione
della terra.
In tal senso, azione delluomo e della natura sono assimilabili
in quanto modalità trasformative/espressive che agiscono sul
supporto, mai neutrale, del paesaggio naturale, traducendolo in matrice
ideale il cui calco, sovvertendo qualsiasi attesa di buona pratica
artistica, è costituito da quelle stesse azioni/operazioni
che lhanno generato.
Il paesaggio si traduce pertanto nel grado zero della scrittura
-naturale e/o artificiale- che lha conformato, utilizzando il
vuoto, traccia di un assenza, e non il pieno, come sublime materiale.
Nellopera di Nunzio Battaglia sembrano coesistere entrambe le
prospettive, o, se preferiamo, i ruoli, sia nella scelta dei temi,
che nelle modalità attraverso le quali il suo sguardo si posa
sulle cose per indagarle.
Se pertanto il paesaggio, indistintamente naturale e/o artificiale,
si offre allosservazione attenta come allegoria della sedimentazione
di forze/azioni- che sono anche pensieri/progetti- che ne hanno plasmato
la forma nel tempo, il processo attraverso il quale gli uni e le altre
sono registrati nel corpo vivo della materia terrena trova una efficace
declinazione attraverso la stessa tékhne fotografica,
immediatamente sublimata in póiesis.
Così la pellicola, trasfigurata attraverso lartificio
artistico, acquista il denso spessore della materia/paesaggio naturale,
capace di registrare le impressioni/tracce/impronte che la luce/azione
esercita sulla sua superficie con intensità/pressione variabile
a seconda della qualità delloggetto riflettente e del
tempo di esposizione al perdurare dellazione stessa, restituendoci
in chiave espressiva il senso più puro del processo di conformazione
del referente. I diversi modi attraverso i quali si rivela lo sguardo
di Battaglia alludono pertanto metaforicamente a quello stesso tempo
della sedimentazione impresso nei paesaggi della memoria a
cui ci si riferiva in apertura.
Ognuno dei percorsi delineati può essere pertanto assunto come
interrogazione sulle possibilità del linguaggio fotografico,
inteso come calco/traduzione di quello più direttamente utilizzato
nella costruzione del paesaggio. Così la serie dei campi/sguardi
fissi sui luoghi di montagna restituisce una osservazione di carattere
contemplativo, ovvero allude alla pura disponibilità del supporto
fotografico/naturale a registrare tutte le sollecitazioni esercitate
da una immota esposizione allazione continua ed implacabile
della luce/fenomeno naturale che tutto permea di sé, amplificandone
il carattere espressivo.
Allo stesso modo la serie dedicata ai paesaggi della costa irlandese
sembra porre sullo stesso livello la prolungata esposizione allazione
erosiva esercitata dai flutti marini che si infrangono sullincerto
profilo della linea di terra- che ne costituisce di fatto la traccia
complementare- plasmandone il carattere formale, e lesposizione
in quasi-sequenza ad una luce quasi-intermittente, filtrata dalle
nubi in movimento che attraversano il cielo, sublimata dallo svolgersi
dellenergia coloristica dellarcobaleno ed evocata dal
lento tramontare del sole nel simmetrico dispiegare unenergia/azione
protratta nel tempo.
Similmente i collages attraverso i quali vengono giustapposte
in progressione immagini del paesaggio dolomitico rifuggono lobiettività
dello sguardo, distaccato rispetto al proprio referente, ed introducono
dinamicamente la presenza dellosservatore nella sua raffigurazione.
Lesito delloperazione guidata dallo sguardo/azione si
traduce pertanto nella sua traccia/montaggio, ovvero nella memoria
di un fare, prolungata nel tempo della percezione /trasformazione,
in cui soggetto ed oggetto interagiscono dialetticamente, nella fenomenologia
della visione e similmente nel sistema discreto, quasi-lineare, della
restituzione fotografica.
Così il piacere offerto dalla percezione di paesaggi incontaminati
si accompagna ad un intensa riflessione sul linguaggio della fotografia,
in cui artificio, natura e mondo della rappresentazione coesistono
allinterno di un unico ideale paesaggio della sedimentazione.
Nicola Marzot
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Dolomiti, Alto Adige, 2001
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Alpe
di Siusi, Alto Adige, 2001
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Connemara,
Irlanda, 2001
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Lago Pilato ,Marche, 2001
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Parco
dello Sciliar, Alto Adige, 2001
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Valle
Aurina , Alto Adige, 2001
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