Nunzio Battaglia
appartiene a una generazione di pensatori per immagini e pensatori
di immagini per i quali la fotografia non è impronta del
mondo esterno più o meno critica o soggettiva e data una
volta per tutte, ma costruzione di un sistema di relazioni, che
può svolgere racconti potenzialmente infiniti. Quindi
un fotografare che sa di non esaurire mai lo spettacolo del reale
e, anzi, contribuisce a cambiarne continuamente il senso (come
da Borges, da Calvino) e che insegue rapporti continui con altre
immagini, con le proprie e con quelle di altri, di altre culture
e altri tempi, stratificandosi e trasfigurandone il significato
(come da A. Warburg, come da G.Richter).
Ogni fotografia definisce un oggetto e un’esperienza precisa:
un luogo, un’architettura, una visione; la scelta che porta
a quella fotografia è però complessa e comprende suggestioni
letterarie, riflessioni critiche, ricerca di corrispondenze interiori
che Battaglia sa non finiranno al momento della stampa, ma continueranno
nel dialogo con altre sue fotografie. |
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Siano
due, venti o quattrocento, ogni fotografia è la tessera di un mosaico che suggerisce
sempre nuove figure. Anche per questo il nostro autore negli ultimi
anni procede a una sistemazione della propria opera interrogandosi
sulla qualità della combinazione dei segni: mappe, data base,
archivio, scacchiera, linguaggio, comunque scrittura. Così vediamo
foto che tendono all’archetipo: la torre, il fiume, la porta,
e collegati vi sono nomi, leggende, significati del luogo che risuonano
in un immaginario ampio. L’abbandono della pretesa di oggettività corrisponde
forse alla sfocatura di parti dell’inquadratura, che da una
parte mima la nostra percezione ottica, quando spostiamo attenzione
e sguardo; dall’altra cerca strade fuori dalla prospettiva
lineare inestricabilmente legata alla tradizione della camera ottica,
a favore di rese atmosferiche che troviamo nella pittura orientale,
nel trattato della pittura di Leonardo, in nessi che si colgono più con
la mente che con occhi e lenti tra infinitamente grande e infinitamente
piccolo.
Paolo Barbaro |