Nel cerchio di molti amori, quello
per la montagna è per me un punto imprescindibile, l'attrazione
più grande e insostituibile, tanto da poter dire: la montagna
è la mia vera patria, sapendo bene che, sulle labbra di
un uomo nato a pochi chilometri dal mare caraibico e cresciuto su
quello quell'estremità occidentale della Sicilia, ciò
potrà sembrare strano.
Inevitabilmente, dunque, cerco di trasmettere quest'amore ad altri,
qualche volta riuscendoci.
È successo così con Nunzio Battaglia, che insieme a
sua moglie Antonella, due estati fa venne a trovarmi in un posto fuori
mano e soprattutto fuori dalle mode, sopra Bressanone, dov'eravamo
con mia moglie ospiti di una famiglia di contadini.
Ora, guardando le fotografie che Nunzio ha fatto sull'Alpe di Siusi,
sono doppiamente felice che egli abbia preso la via delle montagne,
raccogliendo il respiro di uno dei luoghi più belli del nostro
pianeta.
A giudicare da queste immagini, credo che, anche senza di me, Nunzio
avrebbe prima o poi guardato le Alpi con la luce del cuore.
Egli ha, ritengo, una naturale inclinazione per questi spazi, oltre
che una naturale predisposizione a fotografarli alla prima luce del
giorno. Un segno, questo, fondamentale - perché la montagna
ama la gente che s'alza presto e che cammina cammina cammina: in silenzio,
da sola, o in piccolissima compagnia.
Ma come succede sempre con gli amici, una virtù o un difetto
non viaggiano mai da soli. Così insieme all'amore per la montagna,
credo di aver comunicato a Nunzio anche il mio interesse per le cartoline
paesaggistiche - che in qualche modo ha anche a che fare con le cime.
La sua idea di riprodurre le immagini su un foglio che si apre a fisarmonica
è cominciata a farsi strada una domenica, alle sei del mattino,
nel grande mercato romano di Porta Portese - di fronte ad una bella
serie di cartoline dell'inizio del Novecento.
Casualmente, oggi è domenica e io sono appena tornato da Porta
Portese.
Fra pochi giorni andrò a guardare l'Alpe di Siusi nella luce
della stessa ora in cui l'ha fotografata Nunzio.
Diego Mormorio,
note alla presentazione della mostra
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