LA FOTOGRAFIA COME GIARDINAGGIO

di Diego Mormorio,

Per il mio amico Nunzio Battaglia e in memoria di Rosario Assunto filosofo dei giardini e del paesaggio per antonomasia.


Nella vastità del pianeta, ogni uomo ha bisogno di un giardino. Il quale può essere vasto e roccioso come tutto l'arco delle Alpi, oppure minuscolo, come una semplice pianta di geranio sul davanzale di una finestra.
In ogni caso, si tratterà un luogo circoscritto e, dunque, separabile da tutto il resto. Un luogo in cui tornare - fisicamente o anche soltanto mentalmente - costituisce un senso di pacifico ritrovamento. Uno spazio dove bellezza, natura e segni dell'uomo divengono tutt'uno con la memoria e l'oblio.
Dimenticare e ricordare sono, infatti, due esercizi paralleli e fondamentali, l'uno inseparabile dall'altro (1).
Entrambi fondati sulla necessità della bellezza, l'essenzialità della natura l'inevitabilità dell'intervento umano. Ricordo e dimenticanza ci tengono continuamente legati al nostro giardino e alla bellezza che coltiviamo nella nostra mente. Non possiamo, invero, vivere senza un giardino, in quanto non possiamo vivere senza una bellezza radicata nella natura e non separata dal nostro agire. Questo bisogno della bellezza è tanto grande da far sì che pure avendone già uno, siamo continuamente alla ricerca di giardino ulteriore. Ciò ci porta ad attraversare molti paesaggi, a guardare con intensità piante, pietre, acque, cieli.
In questo modo, il nostro vagare diventa un esercizio che somiglia al giardinaggio, in quanto è una cura del giardino che abbiamo e dall'altro che stiamo cercando.
Su questa via, credo che sia un giardinaggio anche il vagare fotografando di Nunzio Battaglia. Le fotografie che qui egli raccoglie sono tout-court il suo giardino, che è, in una certa misura, anche un mio giardino.
P. S. Naturalmente, come dicevamo, si può coltivare più di un giardino. Ma, altrettanto naturalmente, soltanto pochissime persone - assolutamente fuori dalle ordinarie debolezze umane -riescono ad avere per giardino il mondo intero.


(1) Non c'è memoria senza oblio e non c'è oblio senza memoria. In quanto, normalmente, dimentichiamo qualcosa per ricordare più distintamente qualcos'altro. Ricordiamo, cioè, dimenticando.

Diego Mormorio,
in Città d'anima, The C, Milano 1999


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