Il lavoro di Nunzio Battaglia induce
a una lettura che sappia andar oltre l'analisi episodica della singola
immagine per cogliere invece analogie, connessioni, rimandi che sono
parte essenziale del suo complesso percorso visivo e concettuale.
Non ci si accorge subito di questo fatto e semmai, inizialmente, l'attenzione
si concentra sulla particolare atmosfera creata da un colore che si
caratterizza per la plasticità lieve e la delicatezza del tono.
Le decorazioni barocche di una chiesa, l'alta siepe che pare protetta
dalla rassicurante presenza di due leoni di pietra, la statua policroma
iscritta in una nicchia a dar la sensazione di una finestra da cui
si affacci una persona, sono già elementi qualificanti della
ricerca di Nunzio Battaglia. Proseguendo l'osservazione ci si accorge
però di quanto poco casuali siano certe presenze che infatti
ricompaiono in molte immagini, inserite in contesti diversi, creati
magari da un piccolo spostamento di prospettiva: è il caso
di gessi usati come modelli che vengono di volta in volta isolati
e composti per uno still life surrealista oppure accostarsi a una
lavagna per ribadirne l'uso didattico.
Spesso questo spostamento rivela la specifica sensibilità dell'autore
che non ha dimenticato la sua formazione di architetto: così
gli basta fare un passo indietro per trasformare la figura in primo
piano della prima immagine in un particolare che, in quella successiva,
è inserito in una facciata che colpisce per diversi elementi
stilistici che la caratterizzano.
Ciò che affascina il fotografo è la possibilità
di creare analogie, di tracciare percorsi legati da fili sottili e
tenaci come quelli di una ragnatela: il dichiarato riferimento alla
logica della visione ipertestuale che fa emergere in modo perfino
casuale connessioni non sempre previste a livello conscio dallo stesso
autore, diviene così una guida che lo accomuna a coloro che
ne seguono e interpretano le tracce. Un unico elemento emerge con
prepotenza, quello del tempo: le figure umane sul ponte Carlo o nel
Vicolo d'Oro a Praga appaiono mosse come fossero incapaci di lasciare
di sé una traccia definita. Al contrario, nelle fotografie
dell'interno di casa Freud ogni oggetto è sì perfettamente
visibile ma anche protetto da vetrine che sembrano averli imprigionati
e "uccisi" come in grandi, inquietanti, bacheche da entomologo.
Roberto Mutti,
in Fotografia 1993-94. Omaggio a Luigi Ghirri,
L'Arsomiglio e Comune di San Casciano V.P. 1994
|