di Roberto Mutti

Il lavoro di Nunzio Battaglia induce a una lettura che sappia andar oltre l'analisi episodica della singola immagine per cogliere invece analogie, connessioni, rimandi che sono parte essenziale del suo complesso percorso visivo e concettuale.
Non ci si accorge subito di questo fatto e semmai, inizialmente, l'attenzione si concentra sulla particolare atmosfera creata da un colore che si caratterizza per la plasticità lieve e la delicatezza del tono.
Le decorazioni barocche di una chiesa, l'alta siepe che pare protetta dalla rassicurante presenza di due leoni di pietra, la statua policroma iscritta in una nicchia a dar la sensazione di una finestra da cui si affacci una persona, sono già elementi qualificanti della ricerca di Nunzio Battaglia. Proseguendo l'osservazione ci si accorge però di quanto poco casuali siano certe presenze che infatti ricompaiono in molte immagini, inserite in contesti diversi, creati magari da un piccolo spostamento di prospettiva: è il caso di gessi usati come modelli che vengono di volta in volta isolati e composti per uno still life surrealista oppure accostarsi a una lavagna per ribadirne l'uso didattico.
Spesso questo spostamento rivela la specifica sensibilità dell'autore che non ha dimenticato la sua formazione di architetto: così gli basta fare un passo indietro per trasformare la figura in primo piano della prima immagine in un particolare che, in quella successiva, è inserito in una facciata che colpisce per diversi elementi stilistici che la caratterizzano.
Ciò che affascina il fotografo è la possibilità di creare analogie, di tracciare percorsi legati da fili sottili e tenaci come quelli di una ragnatela: il dichiarato riferimento alla logica della visione ipertestuale che fa emergere in modo perfino casuale connessioni non sempre previste a livello conscio dallo stesso autore, diviene così una guida che lo accomuna a coloro che ne seguono e interpretano le tracce. Un unico elemento emerge con prepotenza, quello del tempo: le figure umane sul ponte Carlo o nel Vicolo d'Oro a Praga appaiono mosse come fossero incapaci di lasciare di sé una traccia definita. Al contrario, nelle fotografie dell'interno di casa Freud ogni oggetto è sì perfettamente visibile ma anche protetto da vetrine che sembrano averli imprigionati e "uccisi" come in grandi, inquietanti, bacheche da entomologo.

Roberto Mutti,
in Fotografia 1993-94. Omaggio a Luigi Ghirri,
L'Arsomiglio e Comune di San Casciano V.P. 1994

 


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