Le contaminazioni dei linguaggi nel progetto marsalese
Quando venni invitato a partecipare
alle prime ricognizioni per lindividuazione dei luoghi da destinare
al Seminario di Progettazione, (quelli che di lì a poco sarebbero
diventati il teatro delle infinite ipotesi di segni e parole, dellincessante
carosello di immagini e relazioni di contributi di esperti e architetti),
ci limitammo a confrontare cartografie e corrispondenze di segni topografici,
a sostare in letture incespicose tra varchi e ingrottati.
Frequentammo albe su contenitori odorosi di mosto e tramonti in cinemascope
su lingue di terra a occidente del sud. Lultimo occidente dellisola
di Sicilia, Marsala.
Cercammo, in quei giorni di fine estate, di imbrigliare brandelli
di abitato e tessuti di antichi insediamenti, mappandoli e incastonandoli
allinterno della regola e del linguaggio delle architetture.
Rilevammo calligrafie consumate del territorio per consegnarle alle
premesse di futuri progetti, tracciare perimetri - oasi - di senso
e storia.
Furono giorni di meraviglia e di stupore costituiti, da quello che
potremmo definire i temi dellosservare e del leggere, del distinguere
e del registrare. Un indagare tra i parlati delle architetture, via
via fino ad arrivare allultima pietra, attraverso cippi e conci,
attraverso frammenti di civiltà consumate e ora reperto.
Architettura come mnemotecnica.
In seguito, mi ritrovai a ricostruire un percorso attraverso gli appunti
di viaggio immagini, e mi piacque innescare confronti,
indagare sulle ibridazioni e sulle connessioni, cesellare interfacce
con altri linguaggi.
Rilessi la pagina centotré di Lezioni Americane di I. Calvino
titolata - Molteplicità -
Carlo Emilio Gadda
cercò per tutta la sua vita di rappresentare il mondo come
garbuglio, o groviglio, o gomitolo, di rappresentarlo senza attenuarne
affatto linestricabile complessità, o per meglio dire
la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono
a determinare ogni evento
Provai, quasi a mimare un moderno motore di ricerca, a
coniare link e nodi, attraverso i quali argomentare il tema proposto
dal corso.
E, raggruppando per aspetti legati alla visione e al cognitivo, costruii
domande in parte gravide: come dire allora di Cavità
senza ristorarsi nei versi dellOdissea dedicati alla Grotta
di Polifemo, o non inebriarsi in Platone nella metafora del Mito
della caverna?
O ancora sul tema del Costruito, non partecipare
del senso del luogo fondato che trapela nel passo dellOdissea
dedicato alla Capanna di Eumeo?
E sul Viaggio e le porte, non attingere alla Commedia
del maestro Dante unendosi al viaggio nella natural burella
?
Scelsi sul tema della Rovina e sullalternarsi
del gioco delle potenze in natura di trarre giovamento da La Ginestra
di Leopardi.
Un gioco semplice di rimandi e slittamenti, di procedure afferenti
a più lingue.
Sul vasto tema della rappresentazione e delliconografia
dei monti , riguardai gli insuperati affreschi di Giotto, quellorganizzazione
compositiva dellopera dove si ricorreva a costoni e rocce. Mi
inebriai nei luoghi di Il sogno di Gioacchino, La fuga in Egitto,
Il miracolo della fonte, Il dono del mantello. Capii il suggerimento
del Petrarca che per primo colse come la bellezza dellarte di
Giotto si afferma più con lintelletto che con gli occhi,
trasformazione dellimmobilità iconica in potenza monumentale,
della tragedia in dramma.
Riguardai il confronto più volte pubblicato sull Orazione
nellorto, soffermandomi sulla diversità simbolica
degli scorci prodotti da G. Bellini e da A. Mantegna, dove, negli
scenari del Bellini, tra naturalismo classico e spiritualismo cristiano
non vi è antitesi perché il legame tra le due ere è
Cristo stesso, e la natura fondendosi con il sentimento umano si sublima
nel sentimento divino. Diversamente nel Mantegna, il quale nella sua
opera mette a nudo la stratificazione delle rocce, collocandovi nel
fondo la città di Roma - la storia stessa per eccellenza -,
mentre Cristo ha una dimensione eroica. La storia è per questartista
il raccordo logico tra passato e presente, sino ad arrivare al S.
Sebastiano, dove il martire è legato al frammento che è
tormento e salvezza.
Infine come non pensare a Giulio Romano, al suo Palazzo del Te e al
monito morale proposto negli affreschi della sala dei Giganti.
Così, latto del guardare un luogo generava e divenentava
racconto tra racconti, confronto di una lingua - la fotografia - con
altre. Registro e mappa per ripercorrere, secondo precise ossessioni,
percorsi (ora sincronici ora diacronici), collegamenti tra generi
- arte architettura fotografia letteratura - e, dove è possibile,
nella unicità del tema introdotto, confronti metadisciplinari.
Tracciare un filo, tra la figurazione nella collina disegnata da Giotto
e le inquadrature sullo Yosemite National Park di A. Adams. Indiziare
accostamenti tra un brano dellOdissea, La grotta di Polifemo,
e fotografie di Ferdinando Scianna edificando via via quel box ideale
di capitolo intitolabile Intorno alle Cavità.
Lesperienza così approda al Laboratorio di Progettazione,
e in questa sede naturale del comporre avvengono i capovolgimenti
e le assimilazioni dei linguaggi, le osmosi di senso. Ed ecco che
al procedere per schizzi e dialoghi si alterna e prende posto un immaginare
per sentimenti visivi, un libero e rapido prendere a prestito,
sino a sfacciati recuperi da ritagli di giornale , per montarli
in insiemi di prospetti, nuovo Codice Atlantico con guida
in linea per architetti moderni. Un brulicare di fotocopie con
finti innesti di tessuti archeologici, un riesumare cartaceo per frammenti
mai emersi. Il progetto come rabdomante e visualizzatore, nella sua
potenza espressiva e futura, di spartiti come nel suono del vento.
E vidi piccole mani ritornare nella stanza dimenticata dei balocchi,
e riportare in vita, in ore notturne, i cocci di infiniti e policromi
oggetti, ricucirne i frammenti in modelli di sogno. Nuovi quartieri
a ridosso delle odorose tinozze. Così la danza dellimmaginario
continua, alternandosi solo alla nenia dei grilli notturni. Ed è
un continuo sferruzzare di squadrette e balbettii privati e corali,
un incollare bordure di ogni cartone, un abbassarsi con locchio
giù giù fino alla quota del tavolo, forse un pretesto
per guardare ancora una volta con gli occhi, come degli g omini di
Gulliver. Un digitare planimetrie di pixel per aspettare quel lento
e amicoso rigenerarsi dimmagine nel monitor, un ripensare approdi
per nuovi viaggiatori, un riconfigurare ostelli per rais
dagli occhi a mandorla.Così la città lentamente si trasforma
nel desiderio, e la costa di Capo Boeo si arricchisce delle suggestioni
di Yorgos Simeoforidis e delle costellazioni degli infiniti interventi
in ambito archeologico, o delle ipotesi di pianificazione di bordi
in mare greco. Si intravedono, sparsi nel sentimento dei giovani progettisti,
come dei riflessi di emulazione per la vasta opera dello spagnolo
Ignacio Rubino, o delle amorevoli nostalgie per lopera di precursori
come Vittorio De Feo.
Nella lunga sala del Castello S. Pietro vestita di dieci enormi tavoli,
si rincorrono campionari di testi e frammenti di linguaggi, mentre
le pareti si rivestono di ogni mutazione divenendo registro visivo
di scelte e postulati per lo spazio.
Così, mentre scrivo questo testo digitando alla tastiera, un
piccolo suono mi avverte dellarrivo di un messaggio elettronico
dove per altro coesistono scrittura, immagini, filmati e suono. Contaminazioni,
appunto. E un ultimo pensiero mi conduce ai vecchi libri di fisica
e al paragrafo intitolato il Potere delle punte dove,
mi pare di ricordare, le cariche elettriche in prossimità del
diminuire delle superfici aumentano spropositatamente causando quello
stupendo fenomeno conosciuto sotto il nome di Vento elettrico.
Marsala in fondo rimane la Punta, lultimo occidente dItalia,
e da lei scocca e si propaga, per volere di pochi uno zefiro rapido
dincontro e di linguaggi.
Nunzio Battaglia,
in Il Mare e la Città, Priulla, Palermo
2002
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