Rendere parola degli arrivi, in quest'ultimo confine dell'Isola di
Sicilia comporta, come ogni atto del descrivere, la ridefinizione
delle lingue adeguandole di un forte specifico terminologico connesso
a quell'esperienza mediterranea dal nome: Marsala.
Qui la storia, i colori, il fluire del tempo, le geografie, la botanica,
diventavano capitoli specifici ed esatte corrispondenze; equivalenti
dell'anima e del sapere.
In quest'ultimo bordo d'Italia -andare- si colora degli spaesamenti
della spedizione e del cambiamento veloce di regole e punti certi.
Mutazioni del viaggio, variazione e ricerca dell'anima.
Passanti incauti trasformarsi in rari pellegrini.
Qui, luogo luttuoso e di transito per pesci da inscatolare, di brindisi
e di smielati nettari, dove, in entrambi gli orizzonti di terra e
di mare, è ancora possibile intravedere il bianco veliero solcare
e la palma svettare dai cortili del riposo della tonnara.
Allo stesso modo, il definitivo cambiamento delle orografie, dove
i suoni di monte-fiume-crepaccio cedono e si trasformano in assolate
distese di piatto orizzonte, alternato di primi piani a scacchi, di
pietra e d'acqua. Rosso che sfuma verso l'azzurro.
Qui, la terra, quella circondata d'asfalto finisce, e il "non
luogo" di Marc Augè rimane sconosciuto; e il bordo è
ineguale, ora vicino al lascito della risacca, ora formato di ulcere
di terra tra sparso edificato.
Variegata mutevolezza del puntiforme e del mistilineo, danza alterna
di dritte palificazioni, ancora rettilineo riciclo di legni ferrovieri,
recupero di basamenti d'infinite strade ferrate, sciami multiformi,
recinti, conficcati nel cuore del suolo, descrivono confini d'uomini
e della materia.
Gli accessi di solito portano a nulla perché il prima e il
dopo spesso è identica maceria, steli agli infiniti passaggi
e transiti.
Ed ancora cocci di voluttuose architetture corali, cocci e mozziconi
di sagomate strade di sasso che affondano nel riflesso dell'acqua
e nella memoria.
Frammenti di ombrosi filari narrano di antichi camminamenti del lavoro
e dell'amore, e canti di uomini odorosi di sale e dal volto rugato
di sole.
Da questo l'Italia si fece, impresa o spedizione, rossa divisa Garibaldina,
e l'arrivo di oggi è ancora un arrivo indistinto, un lambire
di bassi abitati alternato a vetrine confuse e indistinte, commistione
di souk e avenidas, ramblas e sentiero.
Lingue di terra ricche della malacologia di Mandralisca e Goethe combattono
tra mare e terra.
E il mare prima d'esser veramente tale ha nome di Stagnone e l'isola
Isola annuncia ancora isole, piccole punteggiature di paradisi in
disarmo, come le sparse barche costellazioni di antiche derive. Grovigliose
carcasse di alberi estinti, cetacei dell'immaginario, si dispongono
sui bordi della materia odorosa, d'aromatico arbusto e pastura per
il coniglio.
Approdi sparsi e di fortuna per girovaghi feluchieri innamorati solo
di un riflesso, territori acquatici dimore di ninfe fluenti dal nome
certo di poseidonia.
Imbarcaderi per arche traboccanti e improvvisate, di veri turisti
griffati e d'oltremare.
Ormeggi notturni per clandestini Ulissi dall'occhio mandorlato.
Smaniose visite a preziosi reliquiari dalla custodia casereccia, ambigui
nomi...w..t..h...k apprettano sapori coloniali.
Alternarsi di nasse in malore e di capanni per uomini e meloni, alternarsi
di dionisiache dimore e di civiltà feconde; panneggi su chitoni
mozzafiato per fanciulli-eroi e auriche, sorrisi pietrificati sulla
bocca della maschera di un Dio.
Lotta di luce tra specchio d'acqua e paffutelle nuvole, disegnate
di rosso, fondali maculati di argilla rappresa, concrezioni di sale
a impreziosire la zolla.
Porzione unica di pianeta dove, l'arcobaleno, da sempre confine immateriale
di luce e acqua, feritoia verso l'immaginario, cede e si converte
coricandosi sulle arse cose.
Tuffo in acquerello.
E allora sembra che, l'eterno approvigionarsi del bianco cristallo
di sale, disposto in forma di scandite dune opalescenti e capovolti
villaggi polari possa, sciogliersi per strana magia nel racconto,
ancora dell'acqua.
E pare allora che, il compito di dare sapore alle -cose di gola- abbia
generato questo luogo dal quale estrarre unico nutrimento, facendone
pizzicore, da distribuire sulle pietanze dei principi del mondo.
Tra Mozia e Milano settembre 1998
Nunzio Battaglia,
in Marsala. Progetti per la costa,
Medina, Palermo 1998
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