IL LINGUAGGIO DEI LUOGHI
La Fotografia italiana contemporanea
di Paesaggio

di Vittoria Ciolini e Sergio D'Ascoli

La Fotografia italiana contemporanea di Paesaggio è una fotografia di ricerca e di riflessione condotta sul territorio inteso come luogo abitato dalle persone.
In questa accezione, come è chiaro, tutto può essere "paesaggio", dai luoghi della natura, a quelli urbani, agli interni degli edifici.
La grande tradizione pittorica del paesaggio, dal Rinascimento, alla scuola veneziana, ai paesaggisti del '700, ha prodotto modelli, codici di rappresentazione del reale, ricerche sulla luce e sul colore le cui tracce non saranno difficili da ritrovare nelle opere dei fotografi di questa mostra.
Tuttavia i referenti piu' prossimi di questa cerchia di autori, nonché i più riconosciuti dalla maggior parte di essi, sono, nel campo della fotografia, il francese Atget e i grandi fotografi americani Walker Evans, Lee Freelander, Robert Frank.
Anche da questi referenti si capisce che quella dei nostri autori è una ricerca che riguarda la persona, pur non essendo il soggetto umano quasi mai il principale elemento dell'immagine. Il loro primo obiettivo è quello di rendere conto delle trasformazioni del "mondo visibile" indotte dall'urbanesimo industriale e dalla civiltà dell'immagine. Esse hanno prodotto un paesaggio di cui l'individuo moderno stenta a riconoscere l'identità ed in cui non riesce più ad identificarsi.
I maestri di questa tendenza, cominciando da Ghirri, che ne è stato il pioniere, sono anche artisti profondamente partecipi del dibattito culturale e delle esperienze artistiche contemporanee: e' questa una delle loro peculiarità nel mondo della fotografia italiana: conoscono o hanno praticato la pop-art e l'arte concettuale, il cinema, la musica o la letteratura; la loro poetica (pur con le dovute differenziazioni tra i diversi autori) fa riferimento alle maggiori tendenze del '900 come il Surrealismo e la Metafisica.
Grazie a questo bagaglio sono riusciti a trovare una propria chiave di lettura di un mondo nel quale gli elementi naturali, le tracce del passato con il suo lascito di segni, l'impronta del presente coesistono e spesso si contraddicono, dando vita a scenari arcani, ambigui, a volte al limite dell'assurdo e del surreale. Per cogliere gli elementi strutturali di questo paesaggio cosÏ complesso non occorre catturare il classico 'momento decisivo', ma è necessaria l'insistenza dello sguardo che si traduce in immagini statiche, immote, dove lo scorrere del tempo sembra bloccato; immagini ricche tuttavia di una vita interna, grazie alla dovizia di elementi che entrano tra loro in relazioni ambigue o in una significativa estraneità, a volte trasformandosi in simboli o in riferimenti ad altro, altre volte giocando sullo scambio tra realtà e rappresentazione della realtà (fino al trompe l'oeil).
Sono quasi tutte fotografie che richiedono uno sguardo prolungato, insistente (come quello che è stato necessario per produrle), senza il quale non è possibile percepire quel sottile senso dell'assurdo, quella dimensione surreale oppure onirica, metafisica che questi autori sanno cogliere nel paesaggio e trasferire nell' immagine.
È da notare che per far questo essi non si avvalgono di alcuna 'forzatura': nè immagini ad effetto, nè manipolazioni di alcun genere. Scelgono l'inquadratura e poi lasciano che sia il mezzo fotografico a tradurre la realtà in immagine con il linguaggio che gli è proprio.
Per ciascuno di questi autori il fotografare non è solo un'operazione dell'occhio ma, come diceva Ghirri, un "pensare per immagini", una lunga ricerca, dove ogni serie di fotografie è un'esperienza, una verifica che aiuta a precisare meglio, a comprendere meglio il mondo e le linee stesse della propria ricerca. In questo senso il loro lavoro si può definire concettuale.
Il viaggio è l'esperienza attraverso cui passa quasi sempre la loro ricerca e che, come tutti i viaggi, è soprattutto un percorso interiore, alla cui logica si ispira anche la scelta dei luoghi da fotografare: non quelli canonici e dal significato univoco (come p.e. i monumenti e le periferie degradate), ma quelli apparentemente più ordinari, spesso zone di confine tra paesaggi diversi, da cui più facilmente possono scaturire le immagini di cui abbiamo parlato.
Dryphoto, l'associazione di cultura fotografica e dell'immagine che ha curato questa rassegna, è stata partecipe fin dalle prime battute del percorso della Nuova fotografia Italiana di Paesaggio offrendo agli autori il proprio spazio espositivo (quasi tutti i suoi maggiori esponenti vi hanno tenuto mostre e workshops), seguendo nel tempo la loro evoluzione, promuovendo occasioni di incontro e di dibattito, sviluppando una attività didattica e formativa che si muove lungo quelle linee.
Per questa collettiva sono stati scelti, tra i maestri della tendenza, quelli che negli anni hanno avuto un rapporto più stretto con Dryphoto, con il nostro modo di intendere e praticare la fotografia.
A questo gruppo appartengono senz'altro Barbieri, Castella, Chiaramonte, Fossati, autori che, fin dagli inizi degli anni '80, per diversi anni, hanno lavorato in parallelo, a volte insieme, in un continuo confronto e scambio di esperienze. Nel corso degli anni la loro diversa personalità li ha portati a differenziare anche notevolmente l'ispirazione della propria ricerca, come dimostrano le immagini esposte in questa mostra.
Un'altra caratteristica della Fotografia Italiana di Paesaggio è la sua capacità di "fare scuola" come stanno a dimostrare i giovani che partendo dall'insegnamento dei loro maestri, hanno impostato una ricerca autonoma. Baroncelli e Battaglia ne sono un esempio.

Vittoria Ciolini e Sergio D'Ascoli,
in Mesiac Fotografie Slovensko/Month of Photography, [s.e.], 1994


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